Per virtù o per necessità, chi lavora come freelance sa che i soldi non sono tutto, e in vetta alle ragioni che spingono a mettersi in proprio non figurano le prospettive di guadagno. Lo attesta l’ultimo rapporto “Freelancing in America”, l’indagine più ampia finora realizzata sul mondo dei liberi professionisti. La prima motivazione per tentare l’avventura sarebbe il desiderio di libertà: sette intervistati su dieci si dicono incentivati dalla “possibilità di lavorare ovunque”, quasi la metà si dichiara sedotta dall’idea di lavorare senza un capo, mentre solo una minoranza mette in testa il fattore economico.
A queste motivazioni se ne aggiungono altre, ugualmente valide.
Oltre a una maggiore flessibilità di orari e luoghi di lavoro, i freelance hanno solitamente più possibilità di incontrare persone professionalmente interessanti rispetto a chi lavora come dipendente. Nuovi clienti, fornitori, collaboratori e partner: da queste connessioni possono nascere progetti interessanti e di diverso genere, in grado dare una svolta alla carriera lavorativa.
Il miglioramento personale, ad ampio raggio o su skill specifiche, è anch’esso uno dei vantaggi del lavoro in proprio: creando una routine efficiente è possibile sfruttare il tempo “risparmiato” per studiare, aggiornarsi e capire quali sono le competenze che possono dare un vantaggio competitivo.
Passione o fuga?
Di qui a immaginare un esercito di lavoratori liberi e felici ne passa. La Teoria dei due fattori di Herzberg, un classico della psicologia del lavoro, spiega che le motivazioni hanno spesso segno negativo. L’insofferenza per un orario rigido, il rapporto con i superiori e un ambiente produttivo insoddisfacente, sono i pretesti tipici per abbandonare un posto in ufficio. Dietro l’anelito di libertà di qualche freelance, potrebbe nascondersi anche un desiderio di fuga.
D’altra parte, i problemi iniziano se scopri che anche la vita da freelance ha i suoi specifici fattori demotivanti. Se non affrontati adeguatamente, i cambiamenti possono moltiplicare le insicurezze come le relazioni interpersonali che si diradano, le giornate lavorative da auto-organizzare o le entrate che si fanno incerte. O addirittura nutrire ripensamenti e sensi di colpa per una scelta spesso percepita come “controcorrente”.
Sconfiggere le de-motivazioni.
Essere freelance non implica solo fattori negativi, anzi!
La buona notizia è che, lavorando in proprio, le variabili poste sotto il tuo controllo si moltiplicano, permettendoti di migliorare in modo evidente la tua vita lavorativa, senza dover scendere a continui compromessi per bisogni altrui. Le esigenze, anche personali e familiari, assumono così un ruolo prioritario.
Oltre a seguire i nostri consigli per lo smart working, puoi cercare nuovo impulso e contrastare i fattori demotivanti dei freelance ispirandoti alla regola dell’ABCD: successo assicurato!
- A Entrare in contatto con i propri “simili” aiuta a combattere la sensazione di isolamento. Co-working, associazioni professionali, network online sono miniere di contatti che hanno fatto una scelta analoga. Oltre a ricordarti che non sei solo, moltiplicheranno le opportunità di business.
- B Il lavoro autonomo è per natura discontinuo. Accetta il fatto che picchi di lavoro possano alternarsi a periodi di vuoto. Pensa a come potresti rendere produttivi questi ultimi: per esempio dedicandoti alla formazione, coltivando il network o organizzandoti in vista del prossimo incarico.
- C Suddividi il lavoro in micro-obiettivi e istituisci delle ricompense per quando li avrai raggiunti. Vanno bene anche le gratificazioni minime: rispondo a cinque mail arretrate, poi mi concedo un caffè. Uno studio della Vanderbild University suggerisce che procedere in questo modo aiuta a preservare i livelli di dopamina, un neurotrasmettitore che sostiene la motivazione.
- D Via il pigiama: vestiti da “ufficio” e inizia la giornata con piano di lavoro. Un buon capo detta le regole e motiva a raggiungere gli obiettivi. E nel lavoro autonomo, il tuo capo sei tu.
Vivere meglio la propria vita lavorativa ha evidenti effetti sulla produttività di ognuno. Il risultato? Ore passate alla scrivania più efficienti e una maggior disponibilità di tempo libero!